so metà· del m secolo il cristi3no Origene si assumeva il compito di confutare gli argomenti del platonico Celso: una fortuna
per noi, che così - né è certo questo l'unico caso - siamo venuti a conoscenza di un'opera che altri menti, bandita e proscritta, sarebbe del tutto scom
parsa dalla storia della cultura. Sotto l'aspetto fùo
sofico, uno dei motivi più interessanti che traspaio no dall'opera dell'autore pagano sta nelle argomen tazioni di Celso relative alla provvidenza, e al posto e ruolo, in essa, dell'essere umano. Celso era autore di un'opera intitolata Ricerca intorno agli esseri viventi, il cui intento principale era quello di dimo strare che l'universo non è stato fatto in vista del l'uomo più di quanto non lo sia stato in vista di qualsiasi altro essere vivente: l'opera tendeva quin di a contrapporsi ad una concezione antropocentri ca della provvidenza. Gli argomenti di Celso sono esposti e intrecciati con le controargomentazioni di Origene, per un tratto che occupa buona parte del IV libro dei Contra Celsum (cc. 74-99 all'incirca); Origene li prendeva in considerazione uno per uno, opponendo loro in ogni caso la visione di una prov videnza divina che ha scopo della sua creazione l'uomo, essere privilegiato dell'Universo.
Tutto dò che nasce in virtù di forze naturali, diceva Celso, alberi piante frutta erba, non è fatto per l'uomo più di quanto sia fatto per gli altri ani mali che ne godono e ne vivono. Perché dire che
l'uomo è superiore per natura agli altri animali?
Essi (e qui Celso riprendeva argomenti di lontana origine cinica) hanno una superiorità naturale su di noi, che dobbiamo procacciarci il cibo con fatica e con ingegno, mentre neiranimale tilogon, <<non ragionevole>>, esso si offre spontaneo: se noi, per dar caccia agli animali, abbiamo bisogno di armi e di cani. essi dispongono di -armi fomite loro dalla natura. Per essi e per noi, allo stesso modo, sono fatti il giorno e la notte, il sole che illumina e riscal da, che dà vita alle formiche come all'uomo. Né oossiamo dire che Dio ha fatto gli animali oer nostro uso c che ci(, risponde all'ordine naturale, se guardiamo a quello ch'era l'ordine naturale primiti vo, allo stato più autentico, vediamo ch'erano allo ra in realtà gli animali a usare di noi a loro piacere.
Celso perseguiva, inoltre, temi cassai cari, come
meglio vedremo, al pensiero greco, quello dell'in-
telligenza dell'animale <<non ragionevole>> (la sua capacità di costruire città e di avere governi veri e propri, come nel caso delle api e delle formi che) e quello delle sue capacità etiche (egli sembra si soffennasse ancora sull'esempio delle formiche, che provano compassione delle compagne cadute e le soccorrono: ma l'esemplificazione tradizionale delle virtù degli animali era ricchissima, e certo la trattazione non si limitava ad una sola specie ani male). Gli animali, Celso diceva, pur se chiamati dloga, hanno capacità di comunicazione reciproca, di reciproco colloquio: se il riferimento di Origene è esatto, egli usava il verbo dialégesthai, quello che si addice al discorso ad alto livello, al dialogo filo sofico. E se, diceva, immaginiamo un essere immenso e perfetto che dal cielo guardi giù sulla
terra, potrebbe questi rilevare una qualche differen
za fra le nostre azioni e quelle degli animali?
I serpenti conoscono meglio di noi i farmaci
risanatori: sono gli uccelli ad insegnare agli uomini l'arie divinatoria, ilche vuoi dire che sono più vici ni di noi alla divinità e che la loro anima è più della nostra impregnata di divino.
Alcuni fra gli animali, gli elefanti , ad esempio, si elevano fino alla conoscenza del divino e alla pietà religiosa: era, questo della pietà dell'elefante e dei suoi atti di preghiera (la preghiera al sole, con la proboscide levata), un antico motivo, probabil mente risalente alla prima conoscenza diretta che i Greci ebbero di questi animali durante la spedizio ne di Alessandro in India: un motivo talmente tena ce che vedremo ancora Feuerbach, all'inizio di DasWesen des Chrìstenthums, misurarsi con questa cre denza sentendo la necessità di confutarla. E perché dunque dovremmo credere che l'universo sia fatto per noi più di quanto non lo sia per l'aquila. per il delfino; per l'elefante? Conclusione di Celso era che la divinità è assolutamente imparziale nella sua cura dell'universo: lo regge, lo governa, lo ama nel suo insieme, né subordina una parte di esso all'al tra, né verso l'uomo è mossa da affetti particolari - non -.i volge a lui con predilizione, non l:ìi adira con lui nlo mina<:cia, più di quanto non facc1a con qualsiasi vivente di altra specie.
Non erano, vedremo, teorie nuove, ma teorie già ben radicate nella tradizione filosofica greca. Ma nuove non erano nemmeno le teorie che Origene
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